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Mondo | Mario e la sua seconda vendemmia in Barossa Valley

Buongiorno a tutti,
qui è il vostro Mario che parla dalla lontana Barossa Valley. Siamo ormai al quarto capitolo dei miei racconti australiani. Se vi siete persi i precedenti potete trovarli qui: Capitolo 1, Capitolo 2 e Capitolo 3.

Dopo una prima esperienza in cantina nella zona di vigneti più antica d’Australia, eccomi catapultato nella regione che ha reso celebre questo continente tra i wine lovers.

VERSO LA BAROSSA VALLEY

Appena conclusa la vendemmia in Hunter Valley, Nuovo Galles del Sud, mi sono precipitato tra Sabato 2 e Domenica 3 Marzo, nella parte meridionale del paese. Il viaggio è stato davvero lungo, oltre 16 ore di macchina attraversando il deserto, aride terre pianeggianti e percorrendo infinite strade, in compagnia di Paolo, un amico italiano che da oltre tre anni lavora da queste parti nel mondo del vino. Ed eccomi qui, in Barossa Valley, pronto a ricominciare questa faticosa ma inebriante esperienza.

Questa area è un centro vitivinicolo atto a produrre etichette dalle note più strutturate e corpose, con profumi balsamici e riconoscibili, sopratutto nello Shiraz, il re tra vini in Australia. Un po’ come il Sangiovese o il Barbera da noi in Italia.

FATTORI CLIMATICI

Incomincerei raccontandovi del territorio e del clima che ho incontrato per capire meglio il sistema di allevamento con il quale mi sono dovuto relazionare. Le condizioni meteorologiche sono asciutte, per meglio dire aride, tutto l’anno, quindi l’irrigazione gioca un ruolo fondamentale. Le colline sono molti dolci e allungate, con un’altezza massima di 400 metri sul livello del mare.

Le estati le definirei bollenti, più volte abbiamo toccato i 45 gradi, e per questo motivo le uve al momento della raccolta hanno dei picchi zuccherini che porta il prodotto finale a raggiungere gradazioni alcoliche davvero elevate, tra il 18% e il 19%. Per mettere quindi in commercio un vino da pasto, si è modificata la regolamentazione e oggi permette alle cantine di aggiungere acqua durante il processo di vinificazione e ridurre la gradazione alcolica a livelli ragionevoli, tra i 13 e i 15%.
D’altro canto, la produzione di vini fortificati e vini liquorosi in Barossa Valle è ottima.

Come potete immaginare, quest’area è nota per sapori “aggressivi” e pungenti, che non hanno di certo paura di mostrare la loro personalità.

Dal paesaggio, ora possiamo al “winemaking process”.

LA VINIFICAZIONE

Ho trovato lavoro in un’azienda chiamata Two Hands Wines. Il marchio di fabbrica è, per l’appunto, la produzione di ottimi Shiraz (oltre l’80%), utilizzando uve da 6 regioni vitivinicole limitrofe. Il processo di vinificazione è piuttosto simile per tutte le uve e mette in luce più il terroir dal quale vengono vendemmiate, che le diverse tecniche utilizzate in cantina.

Si segue un procedimento lineare e senza troppe complicazioni. L’uva arriva a destinazione e viene diraspata, con successiva immissione nei fermentatori in acciaio inox. A discrezione dell’enologo, alcune porzioni di uve verranno lasciate con il raspo per conferire una complessità maggiore e un gusto erbaceo al vino.

Sistemata l’uva in vasca si aggiunge aggiunto acido tartarico per correggere il PH e appunto acqua per abbassare la concentrazione di zuccheri. Lasciate riposare nella notte, il giorno seguente si comincia con la fermentazione aggiungendo lieviti secchi attivi. Dopo aver mescolato il mosto per qualche minuto siamo pronti ad iniziare. Nei giorni seguenti verranno effettuati rimontaggi per 10/15 minuti 2 volte al giorno. Il mostro viene pescato dal fondo della vasca e, facendolo riaffiorare sopra al cappello di uve che si sarà creato, garantiamo la giusta areazione e movimento dei lieviti. Quest’attività viene ripetuta per circa due settimane, con aggiunte di vari nutrienti all’inizio e alla fine della fermentazione, per non stressare il mosto, fino alla trasformazione completa in vino.

Segue la pressatura idraulica e lo spostamento in vasche di stoccaggio, dove terminata la prima fermentazione. Il vino viene finalmente trasferito in barrique o tonneau di legno, solitamente francese, per cominciare la fermentazione malolattica e concludere così il suo riposo per i successivi 18 mesi.

Sarà l’enologo, a questo punto, a decidere in base alle caratteristiche che desidera dare al vino quale processo di invecchiamento seguire. In alcuni casi propongono anche dei “blending” con vini affinati in cemento o acciaio. Terminato questo lungo lavoro, si spedisce il vino all’azienda proprietaria delle uve per l’imbottigliamento ed l’etichettatura. Il vino riposerà quindi in bottiglia e dopo qualche tempo sarà pronto per la messa in vendita.

RIFLESSIONI

Questa nuova esperienza mi ha permesso di conoscere una realtà molto più ampia e complesse nella gestione, rispetto alla mia amata Cella Monte. Two Hands Wine, processa circa 1.000 tonnellate di uva all’anno. Con 8 impiegati internazionali che lavorano durante la vendemmia e 3 australiani full time solo in cantina. Vendono in più di 50 paesi nel mondo e con il tempo stanno costruendo un vero e proprio impero dello Shiraz del Sud Australia.

Ah, mi hanno assunto e quindi terminate le vacanze di Pasqua resterò qui ancora per un paio di mesi. Mi aspettano giornate meno stressanti rispetto a quelle durante la vendemmia, dopodichè terminerò il mio anno con un bel viaggio verso il nord.

Alla prossima puntata!

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