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Riflessioni ai tempi del corona Virus

LETTERA AL MONDO DEL VINO E NON SOLO.

25 Aprile 2020

Spesso, in questi 10 anni di attività (tra pochi giorni è il nostro 10 compleanno, ma ci sembra ieri quando il nonno ci faceva salire sul trattore per andare a scaricare il carro pieno d’uva durante la vendemmia) ci siamo ritrovati a lottare con i denti e con il cuore per andare avanti, mettendo da parte risparmi, facendo investimenti, lavorando giorno e notte per dar vita al nostro progetto. La frustrazione spesso bussava (e bussa) alla porta, il desiderio di voler fare di più ma non averne i mezzi e sì, ogni tanto ci si lamentava sperando in un cambiamento… e poi è arrivato il Corona Virus, e tutto ha preso un’altra luce.

Abbiamo e stiamo affrontando, come tutti, una situazione che solo pochi mesi fa era impensabile e che sicuramente nessuno si sarebbe mai aspettato.

Dopo anni di lavoro, tanta comunicazione, tantissima burocrazia stavamo mettendo a punto il nostro spazio vendita, la fattoria didattica, la sala degustazione, la parte esterna, l’orto. Mancava pochissimo, manca pochissimo e da un giorno all’altro il portone si è chiuso e tutto è stato rimandato. O meglio, frizzato. Perché ci sarà un gap di mesi, o forse anni, difficile da sanare. Dalle strette di mano alle video-chiamate, dalle cene al ristorante agli Smart Tasting, dal lavoro di squadra al personale dimezzato, dalla vendemmia 2019, al pensiero costante, che spesso non fa dormire, della vendemmia 2020.

Cosa ci aspetta?
Ci sarà davvero una ripresa del Paese e del mondo intero?
Cosa cambierà per sempre?
Troveranno un vaccino?

La fortuna ora si è trasformata in: siamo tutti in salute, almeno quello. (Dovrebbe sempre essere così, ma diciamocelo, in tempi normali, i pensieri sono altri!)
Leggiamo ogni giorno articoli di giornalisti, specialisti del settore vino, ristoratori, associazioni e consorzi, ecc… Ascoltiamo interviste e ci documentiamo come possiamo, ma poi guardiamo le nostre terre e quello che pensiamo e che vorremmo accadesse con azioni pratiche, concrete, immediate, sono:

  • La diminuzione della burocrazia con un vero e proprio incentivo al lavoro agricolo. Vogliamo assumere, crescere, avere personale giovane, con qualità e grinta, ma ogni giorno facciamo i conti una serie di tasse inarrivabili, inaccettabili. Ogni lavoratore, regolarmente assunto, costa in tasse il 40% del suo valore. Non immaginiamo aziende più grosse delle nostre che spese possano avere!
  • È importante però sottolineare che il personale agricolo non si forma da un giorno all’altro, è un lavoro artigiano che richiede studio e tanta pratica. Noi abbiamo un team coeso, che lavora da anni insieme. Abbiamo in squadra tanti ragazzi rumeni, che lavorano con impegno e dedizione. Oggi la metà di loro sono fermi perché dopo essere rientrati in Romania per riabbracciare le famiglie non possono più tornare in Italia. L’Austria, l’Ungheria e la Slovenia non lasciano passare oltre 300.000 lavoratori dai loro confini. Ma in agricoltura, non ci si ferma mai, non si può. Abbiamo bisogno di loro. Qui qualcuno dovrebbe alzare la voce e dare una mano, non pensare che i lavoratori possano essere sostituiti da un giorno all’altro. Ci sono contratti, esperienza e rispetto di mezzo.
  • Per venire incontro concretamente alle aziende vitivinicole, non basta pensare alla distillazione (che comunque tanti utilizzato come mezzo svuota cantina) anche perché l’uva verrebbe svenduta (30/40 cent/kg) e questo non è ammissibile, non ci sarebbero le carte per poter procedere e tenere in piedi un’azienda.
  • L’aceto non è una soluzione? Beh, la domanda è sempre la stessa, ma poi chi compra tutto questo aceto?
  • Per quanto riguarda la vendemmia verde (che al momento a livello Europeo prevede il taglio di tutta l’uva del terreno selezionato perché ritengono che non sia possibile fare reali controlli sull’effettivo scarto parziale delle uve), la paura è per i soliti furbi che dichiarano di fare vendemmia verde, ma che di fatto hanno una vigna vecchia e meno produttiva e che lo facciano solo per avere un contributo. È un aspetto che riteniamo utile verificare, invece che solo presupporre, penalizzando tutti. A nostro parere, sarebbe invece utile una vendemmia che prevede prima della raccolta un diradamento di circa il 50% delle uve, portando così in cantina solo quella di qualità migliore. E per quell’uva, sana, che si decide di scartare dare degli incentivi (NON DI 0,35 CENT al kg d’uva), per poter procedere con la vinificazione del resto, per tirare avanti con l’attività.

Siamo dunque favorevoli al diradamento parziale, per non avere produzioni invendute e per mantenere una qualità importante, ma ci devono essere contributi reali su quello scarto che siamo obbligati a lasciarci dietro per non fallire, con controlli severi su chi non rispetta le regole. I furbi se si vuole, si possono fermare.

Riassumendo:

  • Le aziende italiane devono essere aiutate, non frenate, incentivate e supportate, non ricoperte di carte e tasse. Se vi raccontassimo la nostra esperienza per un bando a favore della fattoria didattica, inizieremmo ora e finiremmo tra circa 9 mesi!
  • Supporti reali e concreti ad associazioni di categoria che deve lavorare spalla a spalla con le realtà del territorio, con personale qualificato, attento e partecipativo.
  • Un supporto alle assunzioni, con meno tasse sui lavoratori che sono un costo a lungo andare insostenibile per tante piccole e medie imprese.
  • Una mobilitazione reale verso il digitale, che noi abbiamo la fortuna di poter portare avanti perché le nostre sorelle lavorano nel campo, e sono flessibili e attive, ma anche in questo caso ci verrebbero iniziative mirate, che supportano la digitalizzazione di tutto il sistema.
  • Sarebbe bello poter usufruire di sponsorizzazioni (digitali o non), perché in questo momento per le società semplici agricole non sono permesse.

Chiudiamo con questo ultimo caso, tratto da storia vera, per meglio comprendere ciò che abbiamo provato a dire.
L’agricoltura è spesso agevolata da contributi, ma in certi casi bisogna aspettare anni per poterli ricevere.

Bisognerebbe rispettare le scadenze e in casi eccezionali come questi, anticiparli! Per dare liquidità e quindi la possibilità di andare avanti. Una volta che l’agricoltore ha portato avanti per esempio un estirpo e rimpianto di un vigneto, non dovrebbe pagare fideiussioni per anni prima di avere il controllo da parte degli enti preposti e quindi la concessione del contributo. Questo potrebbe essere evitato, è una questione di sistema e organizzazione.

Quindi NO LAMENTELE, E BISOGNA LAVORARE VERAMENTE TUTTI INSIEME VERSO UN UNICO OBIETTIVO: un nuovo mondo agricolo e del vino, più forte e sano.

Grazie per l’attenzione.
Fabrizio, Martina, Michele, Francesca, Mario

Cinque Quinti

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